La mia esistenza di moglie poteva essere definita così: cielo sereno e calma piatta. Un brav’uomo tranquillo per compagno, niente figli, nessun litigio e zero emozioni.
Ma un pomeriggio questa routine si è spezzata. D’un tratto, per strada, mi è apparso davanti un volto familiare. E un’ansia mi ha preso alla gola. Era lui, Franco.
Prima di incontrare mio marito, Franco era stato tutto: il paradiso e inferno, le tempeste e quei grandi batticuore che ora non provavo più.
Lo avevo amato con tutta me stessa, in una passione divinamente tempestosa per due anni. Ma un giorno, a sorpresa, lui mi disse che avevano accolto una sua domanda di arruolamento in Marina: se ne andava per chissà quanto tempo, ed era meglio lasciarsi.
Precipitai nell’abisso di una lunga depressione. Ne sarei uscita pazza se non avessi conosciuto Enrico, che con la sua pazienza riuscì a tirarmi fuori dal baratro. Lui era l’opposto di Franco: più anziano, sempre calmo, un po’ noioso ma equilibrato. Lo sposai, più per gratitudine che per amore.
Ora ero lì davanti in strada, paralizzata dall’apparizione di Franco. Mi accorsi che gli anni – 12 anni – non lo avevano per niente cambiato.
Non sapevo che dire, le mani mi sudavano. Mi limitai a un “come stai?”.
E lui: “Mamma mia, che saluto gelido! Per due che non si vedono da un secolo…”
No, non era proprio cambiato: era il solito spavaldo. Fingeva di non ricordare di essere stato lui ad abbandonarmi. Eppure, come allora, bastava un suo sorriso per farsi perdonare tutto.
“Vieni, ti offro un caffè”. Accettai, e ascoltai il racconto dei suoi quattro anni in Marina, e poi di come si era fatto strada nella pubblicità. E aveva pure alle spalle un matrimonio, fallito in pochi mesi.
“E tu? Sei sposata, vedo. Ma lo sai che ti ho pensato tanto?”.
Che faccia tosta! “Si, sono sposata, senza figli”, replicai con rabbia. Lui osò sfiorarmi la mano, facendomi provare un brivido, e disse che voleva assolutamente rivedermi. La ragione mi diceva di non accettare, ma… “Va bene. Dopo domani mattina”.
Tornai a casa piena di dubbi, ma mi ripetevo di stare tranquilla, che non sarebbe successo niente fra me e Franco.
Ma non fu così. Il giorno del nostro appuntamento, come un automa lasciai che mi portasse da lui per farmi vedere come si era sistemato. Aveva preparato tutto per un pranzetto a due, e subito si mise a parlare, parlare…
“Laura, ho ancora bisogno di te, non ti ho mai dimenticata. Sarebbe così giusto e bello riaprire una storia bruscamente interrotta dal destino!”.
La rabbia mi assalì di nuovo, e urlai. “Macché destino! Tu sei andato via! Tu mi hai lasciata! Tu mi hai quasi fatto morire di dolore!”.
Urlavo e piangevo: lacrime che non potevo controllare, ma che confermavano quanto lui mi stesse ancora dentro il cuore.
E allora Franco mi abbracciò, chiedendomi perdono. Alle sue prime, lievi carezze, capii che ero già pronta per essere sua.
Finimmo avvinghiati sul letto, a fare l’amore con tutta la passione di due amanti che si sono ritrovati.
Prima che venisse l’ora di cena saltai giù dal letto, e con mille emozioni in corpo mi rivestii.
“Pensaci, amore mio: torniamo assieme”, mi disse mentre scappavo via.
“Non so… non so… fammi pensare”, gli risposi confusa.
I giorni passavano e io impazzivo dalla voglia di rivedere Franco. Con mio marito cercavo di nascondere la mia agitazione, ma a volte notavo che lui mi fissava malinconicamente…
Poi, una sera Enrico mi ha preso le mani e mi ha detto: “So tutto. So che lui è tornato, che vi siete visti e che lo ami ancora. Gli ho parlato, ha detto che se ti lascio andare farò la tua felicità, e guardandoti in tutti questi giorni mi sono reso conto che ha ragione. Se tu lo vuoi, puoi andare. Ma sappi che se ti farà ancora soffrire non ci sarò più io a consolarti”.
A quel punto la mia decisione l’ho presa d’istinto. Sono tornata con Franco, e non finirò mai di ringraziare Enrico per tutto il bene che mi ha fatto. Il tempo dirà se sono stata folle, ma è certo che ho seguito la strada che il cuore mi indicava.
Laura F.