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Ugo Tognazzi, la vita di uno dei grandi interpreti della commedia all’italiana
È stato attore, regista, sceneggiatore teatrale, cinematografico e televisivo. Irriverente e ostinato nella sua voglia di divertirsi, ha sempre sfidato il buon senso e a volte anche il buon gusto – Aveva l’esigenza di cambiare sempre e non s’accontentò mai di fare una carriera facile
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8 anni fasu
È stato attore, regista, sceneggiatore teatrale, cinematografico e televisivo. Irriverente e ostinato nella sua voglia di divertirsi, ha sempre sfidato il buon senso e a volte anche il buon gusto – Aveva l’esigenza di cambiare sempre e non s’accontentò mai di fare una carriera facile

Tognazzi insieme con Raimondo Vianello in una scenetta di “Un Due Tre”, tramessa alla Rai negli anni Cinquanta.
LA VITA: UN’ABBUFFATA DI DONNE, CALCIO E CIBO

Nel 1950 c’è l’esordio cinematografico di Tognazzi ne “I cadetti di Guascogna”, diretto da Mario Mattoli.
La sua fama di dongiovanni alimenta i rotocalchi dell’epoca, facendo di lui un personaggio mondano e chiacchieratissimo – Oltre ai suoi numerosissimi flirt si contrano 3 matrimoni e 4 figli

Alla fine degli anni ‘80 arrivano nostalgia, tristezza, malinconia, esaurimento e depressione e Tognazzi, bisognoso di conferme, trova calore nel clan familiare che affettuosamente lo circonda. Nella foto la tomba dell’attore nel cimitero di Velletri.
Cremona
Il 10 aprile 1979, sulle prime pagine dei quotidiani “Il Giorno”, “La Stampa” e “Paese Sera” c’è un solo titolo: ARRESTATO UGO TOGNAZZI È il capo delle BR. Una foto mostra l’attore ammanettato tra due poliziotti. In realtà si trattava di un clamoroso scherzo: le testate (finte) erano un inserto del settimanale satirico “Il Male” e solo un personaggio come Tognazzi poteva prestarsi a una burla del genere.
Tognazzi, figlio di un assicuratore, nasce a Cremona il 23 marzo 1922.
«Amo Cremona, anche se ogni qualvolta ci torno mi trattano come se fossi l’ultimo della cordata. Incontro un tale col quale ho giocato a biliardo, ho fatto partite con la palla di pezza per le strade e gli grido “Ciao Giuà”. E quello? A stento mi risponde con un “salute”. Tremenda la provincia».
A 14 anni, lavora come operaio nel salumificio Negroni, ma già recita in maniera amatoriale nel dopolavoro.
Alla fine del conflitto mondiale, è notato dalla soubrette Wanda Osiris che lo vuole tra i boys di un imminente varietà, ma l’impresario sparisce nel nulla e Ugo non lavorerà mai accanto alla Osiris.
Per tutti gli anni ’40 e ‘50 gira l’Italia calcando le scene con i varietà “Viva le donne”, “Bocca Baciata”, “Paradiso per tutti”, “Dove vai se il cavallo non ce l’hai?”, “Ciao, fantasma”, “Barbanera, bel tempo si spera”, “Passo doppio”, “Il medico delle donne” e, con Macario, “Cento di queste donne” e Febbre Azzurra”.

La prima pagina della finta edizione del quotidiano “Paese Sera” del 10 aprile 1979, pubblicata dalla rivista satirica “Il Male”.
Duo comico
Cinecittà lo fa esordire nel 1950 con il film “I cadetti di Guascona”. Fulminante incontro quello con Raimondo Vianello, con il quale formerà una formidabile coppia comica della Rai Tv, con il varietà “Un, due, tre”.
I due saranno in tandem anche al cinema in vari filmetti di bassa qualità, parodie sgangherate di film celebri. Toccano il fondo, in compagnia di Walter Chiari, con “I Magnifici Tre”, un indifendibile film con un umorismo scontato e da latte alle ginocchia.
Nella Rai dell’epoca, bigotta e intollerante, non era permesso alcun tipo di satira e la comicità del duo Tognazzi-Vianello si esprimeva, più che altro, parodiando gli altri programmi della tv
Il 24 giugno del 1959, al Teatro alla Scala, il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, a causa di un goffo gesto galante nei confronti di una signora, cade a terra perché non si accorge che avevano spostato la sua sedia passandola al presidente francese Charles De Gaulle, presente alla serata.
La sera dopo, in una scenetta della trasmissione “Un, due, tre”, Vianello toglie la sedia a Tognazzi che cade a terra e Vianello gli grida: «Chi ti credi di essere?». Nulla di offensivo, solo un riferimento molto velato, ma per il bigotto democristiano Ettore Bernabei, allora direttore generale della Rai, è un affronto inammissibile e cancella definitivamente la trasmissione dalla programmazione televisiva.
Una riscoperta
Tognazzi e Vianello, cacciati dalla Rai per “improvvisazioni non previste dal copione”, con relativo annullamento del contratto, non possono far altro che tornare a girare filmetti di serie B.
Nel 1961 e 1962, arrivano due grandi occasioni per Ugo: il brillante e capace regista Luciano Salce gli offre d’esser protagonista del film “Il Federale” e di “La voglia matta”. Nel 1963, Dino riso lo affianca a Vittorio Gassman per il formidabile classico a episodi “I mostri”. Questi registi ci consegneranno un nuovo Tognazzi, che il pubblico riscoprirà come grande attore della commedia italiana, ma soprattutto come attore impegnato e acuto, grazie anche a due film mitici come “Il mantenuto” e “Il fischio al naso”, che Ugo interpreta e dirige.
Ugo ha da sempre tre grandi passioni: il calcio, «Sono milanista dalla nascita», dice; le donne e la cucina. Ottimo chef tra i fornelli, grande seduttore e amatore, passerebbe dalla tavola imbandita al letto (e viceversa) anche due volte al giorno. Sul tema, nel 1973, girerà col regista Marco Ferreri la pellicola drammatica “La grande abbuffata”, mentre il film che meglio rispecchia il suo innato spirito burlone è l’esilarante “Amici miei” (1975), diretto da Monicelli
Nel momento in cui sta per replicare a Roma i trionfi teatrali milanesi de “L’Avaro” e “M. Butterfly”, Tognazzi è colpito da un ictus, il 27 ottobre del 1990, a 68 anni. Grazie Ugo.
Primo Terzi
I MIGLIORI FILM DI UGO TOGNAZZI:
Ti piacerà

Dal 1974 al 2015 ha girato 30 film, una ventina dei quali usciti anche in Italia, è apparso in altre 10 produzioni tv americane mai arrivate da noi, diretto quattro pellicole e scritto un libro
New York (U.S.A.)
Henry Franklin Winkler è conosciuto soprattutto per il suo ruolo di Arthur “Fonzie” Fonzarelli, nella travolgente sit-com televisiva “Happy Days”. Nato il 30 ottobre 1945, nel West Side di Manhattan, figlio di Ilse Anna Marie Winkler e Harry Irving Winkler, presidente di una società di legname, ebrei emigrati da Berlino nel 1939, alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Henry, che ha una sorella, è cresciuto nelle tradizioni del giudaismo conservatore, anche se non praticante. La famiglia partecipa alla Congregazione Habonim, dove sua madre, casalinga, gestisce un negozio di oggetti giudaici.
Henry Winkler non solo Fonzie
Il futuro Fonzie, da bambino, è ansioso a causa di una sua dislessia mai diagnosticata, e per questo è considerato “lento, stupido, incapace di crescere, scrivere, leggere”. Suo padre, che parla 11 lingue, non capirà mai i problemi di Henry a scuola e lo punirà spesso e volentieri. Dopo la morte dei suoi genitori l’attore affermò che non ebbe mai un buon rapporto con loro, e che proprio per la sua dislessia non diagnosticata suo padre lo chiamava “cane muto”.
Superati quegli anni, Winkler frequenta la McBurney School e nel 1967 consegue la laurea all’Emerson College, per poi ottenere un Master nelle Belle Arti alla Yale School of Drama, nel 1970. Nel 1978, l’Emerson College concede a Henry un dottorato honoris causa in Lettere, iniziativa poi emulata anche dall’Austin College.
È stato attore, regista, produttore tv e scrittore
Vita di provincia
Nello stesso anno sposa Stacey Furstman con la quale avrà due figli, Zoe Emily (1980) e Max Daniel (1983). Con la coppia vive anche Jed Weitzman, nato dal precedente matrimonio di Stacey.
«Fin da bambino sognavo di diventare un attore», dichiara Winkler in un’intervista. «La mia prima apparizione in televisione mi fu pagato 10 dollari».
Dopo aver lavorato in teatro a Washington, rientra a New York, dove si mantiene girando spot televisivi, così da poter fare gratis il cabarettista nei localini della città.
È però conosciuto soprattutto per il suo ruolo di Arthur “Fonzie” Fonzarelli, nella travolgente sit-com televisiva “Happy Days” – Un personaggio inizialmente osteggiato dai produttori
Il suo esordio ufficiale avviene nel 1973, nella quarta stagione del “Mary Tyler Moore Show”, serie televisiva trasmessa per anni anche in Italia, ed è grazie al produttore Tom Miller che, nel 1974, ottiene il ruolo di Arthur Herbert Fonzarelli, soprannominato “The Fonz” o “Fonzie”, nella serie “Happy Days”. Il regista-produttore Garry Marshall, cercava per questo ruolo un tipo biondo, italiano, ma evidentemente il provino di Winkler gli fa cambiare idea.
Il telefilm, ambientato a Milwaukee (nello stato del Wisconsin), è imperniato sulle vicende quotidiane della famiglia borghese dei Cunningham, tra gli Anni 50 e 60, e mette in scena la vita, l’amicizia, l’amore, le feste, il cinema, la cultura, la musica, il divertimento e lo stile di vita abituale di quella generazione di adolescenti statunitensi che hanno vissuto il sogno americano fino alla vigilia della guerra con il Vietnam.
Dopo i giorni felici…
In principio, i dirigenti della tv ABC non vogliono vedere quel suo giubbotto di cuoio (noto in Italia come “chiodo”), in quanto poteva dare un’idea di coatta delinquenza. Così, nei primi 13 episodi di “Happy Days” Winkler indossa due diversi tipi di giacche da vento. Marshall discute con i dirigenti circa la giacca, e alla fine si arriva a un compromesso: Fonzie può indossare la giacca di pelle solo nelle scene dove appare con la sua moto, ma il fatto divertente è che da quel momento in poi, lui si vedrà sempre con la sua moto.
All’inizio, il personaggio di Fonzie rimane comunque ai margini delle situazioni, ma con il tempo finirà gradualmente per occupare quasi una posizione da protagonista.
Dopo la fine di “Happy Days” (l’ultimo episodio va in onda nel settembre 1984), Winkler si concentra sulla regia girando film e serie tv (tra cui “Alla scoperta di papà” (1988), interpretato da Billy Crystal e “Un piedipiatti e mezzo” (1993) con Burt Reynolds.
Dal 1974 al 2015, Henry gira anche una trentina di 30 film (molti dei quali usciti anche in Italia), tra cui “Crazy Joe” (1974), diretto da Carlo Lizzani, un poliziesco ispirato alla vera storia del gangster Joe Gallo, assassinato nel 1972.
Per finire come direbbe Fonzie: «Fra 100 anni non ci saremo più. Voi sarete morti, io mi trasferirò in California!»
Ehi, grazie Fonzie.
Primo Terzi

Amedeo Nazzari è stato un idolo per tutte le donne. Una vera e propria icona a cavallo dell’ultima Guerra
Cagliari
Amedeo Nazzari, è una delle figure principali del nostro cinema classico, spesso considerata una variante italiana degli americani Errol Flynn o Clark Gable. Emerge come una stella durante il fascismo, ma la sua popolarità continua anche nel dopoguerra.
Nasce Salvatore Amedeo Carlo Leone Buffa, a Pirri, il 10 dicembre 1907, figlio di Salvatore Buffa e Argenide Nazzari, proprietari di un pastificio. Successivamente adotta come nome d’arte quello del nonno materno, Amedeo.
Morto il padre, si trasferisce con le sorelle e la madre a Roma, dove frequenta un collegio salesiano nel quale maturerà voce e posture nelle recite scolastiche. La sua esperienza iniziale è nel teatro, dove esordisce da professionista nel 1927 con Dillo Lombardi, per passare negli anni successivi a compagnie più importanti come quelle di Annibale Ninchi, Memo Benassi e Marta Abba.
Ha girato oltre 90 film e più di una volta nel ruolo di prode aviatore che cade sotto i colpi del nemico – Mussolini l’avrebbe voluto ergere a modello dell’eroe fascista, ma lui rispose picche
Il cinema arriva nel 1936: è Anna Magnani, 28enne, a imporre al marito regista Goffredo Alessandrini di prendere quell’elegante spilungone sardo, di un anno più giovane di lei, come protagonista di “Cavalleria”.
Faceva arte, non politica
Nazzari vestirà i panni di un asso dell’aeronautica che muore in missione. Due anni dopo, con “Luciano Serra, pilota”, torna nei cieli a combattere per l’Italia durante la guerra abissina.
Invitato da Benito Mussolini a rappresentare il modello dell’eroe maschile del Partito fascista, lui risponde picche: «Grazie Duce! Preferirei non preoccuparmi per la politica avendo impegni artistici più pressanti».
La nascita di Nazzari come stella coincide con un grande impulso del governo italiano per ricostruire l’industria cinematografica del Paese. La politica fornisce al cinema finanziamenti governativi su larga scala e il numero di film prodotti ogni anno sale rapidamente, grazie anche a un prolifico Nazzari (sei film nel 1939 e otto nel 1941, che percepisce mezzo milione a pellicola, un vero record).
Nazzari recita spesso con le più importanti attrici italiane dell’epoca, tra cui Lilia Silvi, Luisa Ferida, Mariella Lotti, Assia Noris, Vera Carmi, Clara Calamai, e con Alida Valli.
Viene ricordato anche per la sua grande generosità che mascherava con un carattere brusco, ma solo all’apparenza, e per un rigore che l’ha sempre caratterizzato
Dopo l’ingresso della Seconda guerra mondiale, Nazzari s’impegnò in occasionali produzioni propagandistiche. “Bengasi” (1942), è un film di guerra anti-britannico girato in Libia, in cui l’attore sardo è un patriota italiano collaboratore-spia degli occupanti inglesi per rubar loro i piani di battaglia.
Rivalutazione tardiva
“Catene”, del 1949, che lo vede in coppia con la greca Yvonne Sanson, è esaltato al botteghino da un enorme successo che apre all’attore un secondo fortunatissimo capitolo della sua carriera: è il primo di una lunga serie di pellicole strappalacrime che rivitalizza il melodramma popolare, molto amato in Italia fin dai tempi del cinema muto, cui seguiranno “Tormento”, “I figli di nessuno”, “Chi è senza peccato” e “Torna!”, “L’angelo bianco”, tutti diretti da Raffaello Matarazzo.
Negli anni ’70, la critica cinematografica rivaluterà questi film, pentendosi di averli bistrattati alla loro uscita, descrivendoli come banali fotoromanzi.
Sono anche gli anni in cui dirada sempre più gli impegni cinematografici per una insufficienza renale che lo costringe a ripetuti ricoveri in clinica. Nel 1975 partecipa a un episodio della serie televisiva “L’ispettore Derrick” e gira le sue due ultime due pellicole, “Nina” di Vincente Minnelli e “Melodrammore” di Maurizio Costanzo.
Si spegne nella clinica Villa Claudia di Roma la sera del 5 novembre 1979. È sepolto a Roma, al cimitero monumentale del Verano. Grazie, Amedeo.
Primo Terzi
Il meglio su Amedeo Nazzari:

Muore, a 51 anni, nel 2009 – Il suo medico personale è accusato di averne provocato il decesso con una dose letale di anestetico e sarà condannato a quattro anni di carcere
Los Angeles
Re del pop ed eterno Peter Pan della musica leggera, Michael Joseph Jackson nasce il 29 agosto 1958 nella città di Gary, Indiana (Stati Uniti). Si interessa fin dall’infanzia alla musica, mentre i suoi fratelli maggiori lo accompagnano suonando e cantando. Joseph Jackson, padre e padrone, intuendo il talento dei figli, decide di costituire il gruppo dei Jackson Five, e mai intuizione si rivelò più azzeccata, soprattutto per lui che teneva i cordoni del borsone. Il quintetto, guidato dallo scatenato e travolgente piccolo Michael, passa velocemente dai piccoli show locali a un contratto con la leggendaria etichetta discografica “Motown” e incise, scalando le classifiche, 10 album in quasi 10 anni.
Michael Jackson, il più grande intrattenitore di tutti i tempi
A17 anni Michael conosce il leggendario Quincy Jones, re della black music, con il quale, quando compie 21 anni inizia la sua collaborazione registrando il primo album solista, “Off the Wall” che raggiunge la vetta delle classifiche nel mondo intero.
L’exploit successivo lo farà entrare nella storia come autore dell’album più venduto di sempre: “Thriller”, che a oggi ha venduto oltre 65 milioni di copie.
Bob Geldof, cantante, attore e attivista irlandese dirà di lui: «È probabilmente la persona più famosa del pianeta. Quando canta, lo fa con la voce di un angelo. Quando i suoi piedi si muovono, è come vedere danzare Dio».
Un genio sofferente e creativo
Accuse pesanti
Ma Michael frequenta sempre più la paranoia: compra un enorme ranch in California, ribattezzato “Neverland”, attrezzandolo a parco giochi e invitando ragazzi sempre più piccoli a visitarlo e rimanere ospiti da lui e della sua innocente sensibilità.
«Io penso che se un bambino non riceve l’amore di cui ha bisogno dai propri genitori deve andare a procurarselo da qualcun’altro, così si affeziona a un nonno o a chissà chi».
La sua propensione per la chirurgia plastica e i comportamenti talvolta bizzarri (come indossare mascherine mediche in pubblico) fanno di lui un ghiotto bersaglio per i giornali di gossip. Inoltre, il suo rifiuto a dare spiegazioni delle sue azioni, fa aumentare inevitabilmente l’interesse morboso sulla sua stravagante ed estrosa vita, dando adito a “leggende metropolitane”.
La sua carriera inizia a 5 anni nel gruppo di famiglia, i Jackson Five, ed è stato una figura dominante nella cultura pop per 45 anni, grazie al suo contributo al mondo dello spettacolo
Nel 1985, si fa promotore insieme a Lionel Richie del progetto “We are the world”, un singolo i cui proventi sono destinati ai bambini africani cui partecipano le più grandi stelle USA della canzone: il successo è planetario.
Seguono altri suoi dischi di successo, ma la sua immagine sfavillante è pesantemente ridimensionata dalle voci di molestie ai minori, corroborate e conclamate nel 1993 da un ragazzino “amico” del cantante che lo denuncia solo per spillare denaro e il tutto si risolve con un cospicuo assegno tra Jackson e il padre del minore, vero accusatore e predatore.
Matrimoni e figli
Nel tentativo di dare fondamento alla sua “normalità”, Michael sposa Lisa Marie Presley, figlia del grande Elvis. Il matrimonio perfetto naufraga due anni dopo, e Jackson rimedia sposando la sua infermiera, Deanne Jeanne Rowe, che darà alla luce i suoi primi due figli. Il terzo, Prince Michael Jackson II, nasce da una madre surrogata la cui identità non è mai stata resa nota.
Nel 2003 esce la raccolta di successi “Number ones”, ma anche la notizia che Michael dovrà essere arrestato per accuse plurime di molestie a minori. Il processo si conclude con un verdetto di non colpevolezza per tutti e dieci i capi di accusa che lo vedevano imputato.
Inevitabilmente, segue la chiusura del parco giochi Neverland per (presunti) problemi di salute e molti debiti. Dopo molto tempo lontano dalle scene, nel marzo 2009 torna in pubblico per presentare il suo nuovo tour mondiale che sarebbe dovuto partire a luglio, ma la morte improvvisa a causa di un infarto, nella sua casa di Los Angeles il 25 giugno successivo, a 51 anni non ancora compiuti, spezza la carriera di Jacko.
Si parlò presto di omicidio, perpetrato dal suo medico personale, Conrad Murrayil, con una dose letale di anestetico. Arrestato e processato, Murray, condannato a quattro anni di carcere per la morte di Jackson, in un’intervista dirà di essere «solo un capro espiatorio».
Grazie, Michael, comunque siano andate le cose.
Primo Terzi
LE OPERE IMMORTALI DI MICHAEL JACKSON:

Come nacquero Frankenstein e il nobile vampiro

IL GIALLO MILANESE DI PAOLO BRERA

Lo scrittore e l’abisso

La mia verità su Don Euro

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Una moto… fantasma alla barriera di Milano!

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Addio all’estate, lasciamocela alle spalle così!
