UNA RICHIESTA PIU’ CHE LEGITTIMA…
La battaglia dei parenti di un poliziotto disperso in guerra
Nel 1945, all’età di 23 anni, è stato inghiottito dalle foibe. I congiunti hanno pregato a lungo per il suo ritorno, poi la lettera della sua fidanzata (di non sapevano nemmeno l’esistenza) ha comunicato loro la triste realtà
Sul sito della Polizia è definito “Caduto nell’adempimento del suo dovere” – Dal 2013, un monumento ricorda il suo sacrificio e quello di un’altra vittima

BATTIPAGLIA (SALERNO) – ORESTE MANZIONE, FERROVIERE IN PENSIONE, CHIEDE LA MEDAGLIA D’ORO PER IL FRATELLO DOMENICO VITTIMA DELLE FOIBE
Battipaglia (Salerno)
Per decenni hanno sperato che il fratello disperso in guerra tornasse a casa, invece era stato inghiottito dalle foibe. I familiari di Domenico Manzione, classe 1922, originario di Postiglione (Salerno), guardia di pubblica sicurezza alla questura di Gorizia durante il Secondo conflitto mondiale, hanno avuto fiducia fino all’ultimo, pregando per il suo ritorno.
Le speranze sono cadute quando il suo nome è comparso nell’elenco delle vittime fucilate dalle truppe di Tito. Il suo corpo si pensa sia stato gettato, insieme con molti altri poliziotti italiani, nella foiba Delicame Lesnica, in Slovenia.
«Mio fratello è una vittima di guerra», dice il fratello Oreste, 81 anni, ferroviere in pensione, ultimo di cinque figli. «Chiedo gli sia riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare”.
Sul sito “cadutipolizia.it”, in una scheda sul poliziotto Manzione, è scritto: “Caduto nell’adempimento del suo dovere”.
«Fu fatto prigioniero mentre era nella caserma di via Santa Chiara a Gorizia», racconta il fratello. «Era al suo posto, mantenendo fede al giuramento e al senso del dovere fino al sacrificio di sé stesso. Poteva salvarsi, rifugiandosi in campagna, come gli era stato suggerito, e scappare dall’imminente arrivo delle truppe nemiche, ma non lo fece”.

BATTIPAGLIA (SALERNO) – ORESTE MANZIONE, FERROVIERE IN PENSIONE, CHIEDE LA MEDAGLIA D’ORO PER IL FRATELLO DOMENICO VITTIMA DELLE FOIBE – DOMENICO E LA FIDANZATA LILIANA CECHET
Amore profondo
Era il 2 maggio 1945 quando Domenico, 23 anni, fu prelevato dai soldati jugoslavi del IX Corpus Sloveno.
«Che l’avessero preso prigioniero lo scoprimmo tre mesi dopo, quando ricominciò a circolare la posta e mia madre ricevette una lettera da Gorizia», continua Oreste. «A scrivere era la fidanzata, tale Liliana Cechet, di cui non conoscevamo l’esistenza. Nella lettera, datata 30 agosto 1945, annunciava il loro amore, nato due anni prima e, nello stesso tempo, comunicava la triste notizia del suo arresto».
La giovane fidanzata seguì le tracce dell’amato fino a Lubiana, dove fu deportato. Innamorata di quel bravo ragazzo meridionale, Liliana percorreva oltre cento chilometri al giorno per alleviare le sofferenze del prigioniero, portando viveri a lui e ad altri deportati. Fino al 16 maggio, quando si persero per sempre le tracce di Domenico Manzione .
«L’abbiamo sempre considerata una persona di famiglia, anche se non l’abbiamo mai conosciuta, ne incontrata di persona», ricorda Oreste Manzione. «Attraverso i suoi scritti abbiamo ricostruito gli ultimi anni di vita di mio fratello. Con lei abbiamo sperato di avere notizie sulle sorti di Mimì, come lo chiamavamo in famiglia. La corrispondenza è durata fino al 1950. Liliana scriveva con cadenza regolare a mia madre, nella comune speranza di poter riabbracciare rispettivamente il proprio fidanzato e figlio».

BATTIPAGLIA (SALERNO) – ORESTE MANZIONE, FERROVIERE IN PENSIONE, CHIEDE LA MEDAGLIA D’ORO PER IL FRATELLO DOMENICO VITTIMA DELLE FOIBE – DOMENICO DETTO MIMI’ GUARDIA DI PUBBLICA SICUREZZA
Giusto riconoscimento
La triste storia di Domenico Manzione inizia a Battipaglia, nel 1940, quando per non andare soldato nella campagna di Russia, dove erano destinati quelli nati nel 1922, su suggerimento di un professore di Postiglione, scelse di arruolarsi nel corpo della Pubblica Sicurezza. Brillante negli studi, aveva iniziato i corsi magistrali, ma dovette abbandonare la carriera scolastica nel 1935, quando suo padre Pasquale, cantoniere delle Ferrovie, rimase vittima di un incidente mortale allo scalo di Battipaglia.
«Mia madre ha sofferto tanto per la sua perdita», dice Oreste con l’emozione negli occhi. «Anche per questo ci siamo legati alla figura della fidanzata che conoscevamo solo in foto. A distanza di tanti anni mi piacerebbe sapere di lei, dei suoi familiari, per testimoniare quanto è stata importante per la nostra famiglia in quei momenti di incertezza e di dolore silente. Se ci stanno leggendo ci piacerebbe che si mettessero in contatto».
Di Domenico, oltre alle lettere della fidanzata inviate alla madre, è rimasto il monumento in piazza dei Martiri delle Foibe, a Battipaglia, inaugurato nel 2013, per ricordare il suo sacrificio e quello di un’altra vittima, Gerardo Motta.
«Per noi è come se fosse la tomba di mio fratello, la lapide su cui piangerlo», conclude il fratello Oreste che, nonostante l’età, continuerà a battersi per il pieno riconoscimento del valor militare, al fratello e agli militari prigionieri di guerra in Jugoslavia nel 1945.
Massimiliano Lanzotto